Comac può spezzare il duopolio Boeing-Airbus; per gli occidentali la Cina non è più sexy?; Shanghai investe sul lungofiume hi-tech.
Il C919, l'aereo "made in China", lancia la sfida al 737 e all'A320. La Cina di Xi tra necessità di continuare ad aprirsi al mondo e svolta ideologica
Ci sono voluti oltre 15 anni per farlo entrare in servizio, e l’aereo dipende ancora da componenti chiave importate dall’estero. Tuttavia il lancio, domenica 28 maggio, del nuovo C919 (sulla rotta Shanghai-Pechino operata da China Eastern) è una svolta storica per l’industria dell’aviazione cinese. Con il C919 infatti l’azienda di stato Commercial aircraft corporation of China (Comac) si candida a spezzare il duopolio Usa-Ue nella categoria a fusoliera stretta (corridoio singolo), che rappresenta il 60 per cento della produzione globale di velivoli passeggeri.
Un anno fa, l’amministratore delegato di Ryanair, Michael O’Leary, aveva dichiarato: «Boeing e Airbus hanno dominato a lungo il mercato mondiale degli aerei commerciali: non vediamo l’ora che emerga un terzo produttore».
Da domenica scorsa il terzo produttore, Comac, ha iniziato a imbarcare viaggiatori nel C919, che sarà utilizzato per voli interni tra le principali città (Pechino, Shanghai, Chengdu, Shenzhen, Kunming, Xian, Guangzhou).
Il primo punto di forza del C919 è dato dal fatto che ha a disposizione il secondo mercato globale per l’aviazione, con 248 aeroporti (270 nel 2025), e un traffico aereo che nel primo trimestre di quest’anno è risalito all’88,6 per cento rispetto ai livelli pre-Covid. Inoltre il settore dell’aviazione rientra tra quelli “strategici”, controllati dalle aziende di stato e sostenuti da politiche governative. Terzo, il prezzo: 91 milioni di dollari per un C919, contro 106 milioni di dollari per un Boeing 737-800 e 111 milioni di dollari per un Airbus A320neo.
Con la sua configurazione da 158-168 sedili, il C919 opererà su rotte di medio raggio, e punta a conquistare entro il 2025 almeno il 10% del mercato interno (secondo i media governativi, gli ordinativi sono già 1.305) e a fare breccia in quelli dei paesi emergenti. La Cina entra così - seppure con un ritardo di decenni rispetto ai paesi più avanzati - in uno dei settori industriali tecnologicamente più avanzati. L’evento è stato celebrato come un grande progresso nazionale. «Dopo sforzi durati intere generazioni, abbiamo finalmente rotto il monopolio occidentale dell’aviazione e ci siamo sbarazzati dell’umiliante motto “800 milioni di camicie per un Boeing”», ha scritto il quotidiano Beijing Daily.
Tuttavia, il C919 resta dipendente dall’Occidente per componenti chiave quali i motori (costruiti da una joint-venture tra la statunitense GE Aviation e la francese Safran) e i sistemi avionici (della statunitense Honeywell). Anche la capacità produttiva di Comac, al momento, è inferiore a quella di Boeing e Airbus, in grado di sfornare rispettivamente 19 737 e 45 A320 al mese.
Tuttavia, sotto la spinta della separazione tecnologica promossa dagli Stati Uniti, la Cina ha accelerato la rincorsa per produrre in patria tutte le parti essenziali. Zhang Yanzhong, membro dell’Accademia cinese di ingegneria e consigliere del progetto C919, ha spiegato così la questione alla tv di stato CCTV:
La Cina è un paese importante per l'aviazione civile e a lungo termine non può fare affidamento sull'importazione di aerei stranieri, controllata da altri paesi. Spendiamo centinaia di miliardi di dollari ogni anno per comprare aerei, ma c’è il rischio di essere sanzionati anche sull'acquisto di aerei all’estero, quindi la Cina deve sviluppare i propri aerei.
Per quanto riguarda i motori, la Aero Engine Corporation of China (Aecc), sotto sanzioni Usa dal 2021, sta lavorando alla certificazione del suo CJ-1000A, per la quale però - secondo esperti cinesi di aviazione - potrebbero volerci anni.
Certificazioni che il C919 faticherà ad ottenere dalla Faa e dall’Easa per poter volare negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Tuttavia il debutto quest’anno in Indonesia di un altro, più piccolo aereo “made in China”, lo ARJ21, ha dimostrato che i vettori dei paesi emergenti, quelli asiatici anzitutto, sono pronti ad accogliere i velivoli cinesi.
La moltiplicazione delle rotte interne e i nuovi aeroporti, in linea con le necessità di una classe media che, per lavoro e per turismo, si sposta sempre di più all’interno del paese, hanno indotto il governo a stimare che, entro il 2040, la Cina avrà bisogno di 8.700 nuovi aeroplani, per un valore di 1.500 miliardi di dollari. È anzitutto in questo mercato interno che si consumerà la sfida di Comac a Boeing e Airbus.
Turismo e scambi di studenti, in Occidente la Cina non è più di moda?
Secondo le autorità cinesi, le politiche “anti cinesi” hanno auto un profondo impatto sull’industria turistica nazionale, riducendo bruscamente il numero di visitatori dall’estero. A sostenerlo è stato Xiao Qianhui, presidente della China smart tourism association, nel corso di un seminario organizzato a Wuxi dall’Associazione del turismo cinese. E, in effetti, qualsiasi laowai (straniero) residente nelle metropoli tradizionalmente preferite dai visitatori stranieri - come Pechino e Shanghai -, ha notato che, a tre mesi dalla completa riapertura del paese dopo le chiusure anti-Covid, i turisti stranieri sono, al momento, una rarità.
La cosa interessante è che Xiao ha avanzato l’ipotesi che a tenere i laowai lontani dal paese non sia solo l’onda lunga della pandemia. «Il turismo in entrata sta affrontando enormi difficoltà in questo momento e di solito pensiamo che ciò sia dovuto alla pandemia - ha dichiarato Xiao -. È vero, poiché il Covid-19 ha premuto il pulsante di arresto in modo scioccante. Ma il problema non è causato unicamente dalla pandemia». Secondo il funzionario, «le politiche anti-cinesi adottate dai paesi occidentali e guidate dagli Stati Uniti hanno avuto un impatto profondo e di lungo termine sull’intero settore dei viaggi inbound». Secondo i dati ufficiali, il turismo in arrivo da Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud è crollato, mentre è aumentato quello da paesi amici come la Russia e Myanmar.
Nello stesso tempo - secondo Xiao - far ripartire il turismo internazionale può aiutare a contenere «la crescente maggioranza anti-cinese nelle opinioni pubbliche occidentali».
Seppur in mancanza di un quadro fatto di dati ufficiali, è evidente che le tensioni geopolitiche si stanno ripercuotendo sul complesso delle relazioni (economia-ricerca-turismo) tra popoli.
Durante una sessione di studio dell’Ufficio politico del Pcc di lunedì 29 maggio, Xi Jinping ha toccato anch’egli, da un altro punto di vista, l’argomento, assieme agli altri componenti l’organismo apicale del partito e con gli esperti che vengono invitati a partecipare a queste riunioni. Il presidente cinese e segretario generale del Pcc ha sostenuto che la Cina deve rafforzare il sistema dell’istruzione, con l’obiettivo principale di raggiungere l’autosufficienza tecnologica, e attirare un maggior numero di studenti stranieri in Cina.
Nello stesso tempo Xi ha chiarito che l’educazione degli studenti cinesi sarà sempre più guidata dal partito comunista cinese (Pcc), per il quale il controllo sul sistema dell’istruzione - in questa fase di trasformazione economica e politica del paese - serve sia a promuovere l’innovazione sia a rafforzare il governo del Pcc.
Nel 2018 la Cina ha ospitato 500 mila studenti stranieri, pochi per un paese che aspira a sfidare l’egemonia culturale e poitica statunitense. Ma la pandemia ha ridotto drasticamente anche gli studenti stranieri (soprattutto gli occidentali). Eppure - secondo Xi - è necessario fare della Cina uno hub globale dell’istruzione che sia estremamente attraente. «È necessario che noi partecipiamo attivamente alla governance globale dell’istruzione - ha sostenuto il numero uno del Pcc -, dobbiamo inoltre promuovere con decisione il brand “studiare in Cina”, raccontare storie positive sulla Cina, diffonderne l’esperienza e far sentire la nostra voce, per rafforzare l’influenza internazionale dell’educazione del nostro paese».
La gestione della pandemia e le tensioni geopolitiche - come ha riconosciuto il funzionario Xiao - stanno rafforzando la maggioranza an ti-cinese nelle opinioni pubbliche occidentali, ma la seconda economia del pianeta, un paese che aspira a diventare “ricco e forte”, si trova apparentemente sprovvisto di strumenti per fronteggiare questa diffidenza montante, che in alcuni settori si tramuta in ostilità. Si tratta di una difficoltà insormontabile, in quanto attiene alla natura stessa del sistema politico cinese, che prevede la comunicazione esterna come semplice proiezione internazionale della propaganda interna. In sostanza, che si tratti di promuovere il turismo, gli scambi di studenti, oppure di difendere le ragioni della Cina nel contesto diplomatico, il governo cinese impiega lo stesso tipo di comunicazione che utilizza con la sua popolazione, un discorso ufficiale “indiscutibile”, in quanto tale indigeribile per opinioni pubbliche sempre più complesse e sfaccettate come quelle delle democrazie liberali.
Shanghai si rifà il look: il suo iconico lungofiume diventa hi-tech
Trasformare una grande area di Shanghai lungo il fiume Huangpu (nel distretto di Yangpu) nella vetrina della nuova economia trainata dall’innovazione sulla quale la Cina scommette per la prossima fase del suo sviluppo economico sociale. Il progetto di riqualificazione di quella che era una zona legata all’industria tessile e ai cantieri navali - abitata oggi da 1,2 milioni di persone - è stato illustrato venerdì 26 maggio delle autorità locali della città più popolosa del paese a un pubblico di investitori globali. Il segretario del partito comunista del quartiere nordorientale di Yangpu, Xue Kan, ha annunciato che lo sviluppo dell’area fluviale nota come East Bund o Left Bund «sarà guidato dai principi di alta qualità, efficienza e dinamismo, e sarà accelerato in modo che diventi una vetrina per la nuova economia guidata dall’innovazione».
L’incontro - al quale hanno partecipato 400 persone tra politici, businessman e investitori - è il primo di una serie di appuntamenti organizzati dalla municipalità di Shanghai per promuovere investimenti nell’area.
Il governo cittadino punta ad attirare sui 15,5 chilometri di lungofiume soprattutto aziende hi-tech , attraverso una politica di incentivi fino a 15 milioni di yuan (2,1 milioni di dollari). Il progetto di riqualificazione dell’area - nella quale hanno sede, tra l’altro, le prestigiose università Fudan e Tongji - è partito dal 2020, ma ha subìto rallentamenti dovuti alle chiusure anti-Covid. Finora ha attratto alcune grandi aziende di internet come Meituan (piattaforma di shopping online e consegne a domicilio) e il portale di video sharing Bilibili. Gli investimenti nell’area hanno superato i 100 miliardi di yuan e il governo prevede di attrarre 30 aziende tecnologiche di punta e 3.000 start-up tecnologiche le cui entrate dovrebbero raggiungere i 300 miliardi di yuan all’anno nel 2025.
Lorenzo Riccardi, managing partner di RsA Asia è dal 2004 in Cina, dove si occupa di investimenti italiani nella Regione. Da anni residente a Shanghai, Riccardi spiega così a Rassegna Cina la strategia delle autorità locali:
La municipalità di Shanghai prevede incentivi e agevolazioni fiscali in ogni distretto in relazione alla dimensione degli investimenti e al settore strategico di appartenenza. In particolare, lo Shanghai Foreign Investment Development Board conferma che il governo locale sta sviluppando politiche per attrarre un nuovo flusso di capitali nel distretto di Yangpu a nordest di Shanghai, dove nel 2022 sono stati siglati nuovi progetti per un valore di 40 miliardi di yuan.
L’area fa parte di uno dei 16 distretti della città, confina con il fiume Huangpu, con il distretto di Hongkou e di Baoshan, a breve distanza dal bund, la zona turistica simbolo di Shanghai dove il fiume divide la parte occidentale, con molti edifici in stile coloniale, da quella orientale ove è stato costruito il distretto finanziario ultramoderno simbolo dello sviluppo del paese.
Le nuove misure mirano a incrementare il numero dei centri di ricerca nel distretto di Yangpu, che conta oltre 6.200 brevetti registrati nella propria amministrazione e punta a settori strategici quali blockchain, intelligenza artificiale, veicoli elettrici, medicale, e tecnologie green. Gli inventivi sono rivolti alle aziende di nuova costituzione e al personale qualificato che può fare richiesta di sussidi e agevolazioni fiscali nel distretto.
I nuovi edifici residenziali con vista sullo Huangpu e l’arrivo delle startup innovative stanno facendo schizzare alle stelle i prezzi degli immobili dell’area. Nell’incontro di venerdì scorso con gli investitori sono stati promossi - a investitori cinesi e internazionali - 19 appezzamenti di terreno lungo la riva del fiume che possono essere trasformati in aree commerciali e uffici, per una superficie complessiva di 390.000 metri quadrati.
Shanghai sta provando a riprendersi dal trauma dei 71 giorni di rigido lockdown subìto nella primavera 2022. Tra le misure prese il vice sindaco, Hua Yuan, ha annunciato il 4 aprile scorso che le procedure relative ai visti e ai permessi di soggiorno saranno semplificate per attirare in città più professionisti stranieri e le loro famiglie.
Durante l’incontro di venerdì scorso, 17 compagnie hanno firmato contratti con il distretto di Yangpu durante, tra cui le quali la società immobiliare commerciale statunitense Tishman Speyer, il developer di Hong Kong Shui On Land, il gigante tecnologico cinese Huawei, il marchio sportivo Nike, la piattaforma di consegna online Meituan e la popolare piattaforma di streaming Bilibili.
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Michelangelo, al solito molto interessante la tua rassegna. Debbo dirti che mi sono soffermato di più sulla vicenda del crollo del turismo internazionale perché mi sono sentito coinvolto. Anch'io ho depennato la Cina dalle mie mete (ci sono stato soltanto una volta). Troppe cose mi allontanano: la fratellanza con la Russia di Putin, lo strangolamento di Taiwan, la repressione di Hong Kong, la repressione in Xinjiang e Tibet, le intollerabili ambiguità sul COVID.