Eccesso d'incapacità
Von der Leyen spara ad alzo zero contro Pechino: il vertice UE-Cina del 24 luglio è già fallito
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In questo numero della newsletter di Rassegna Cina:
Eccesso d’incapacità
Von der Leyen spara ad alzo zero contro la Cina: il vertice UE-Cina del 24 luglio è già fallito
Il partito sopra tutto, per questo Xi Jinping non sarà più il “presidente di tutto”
La delega da parte del leader di alcune funzioni apicali non è un segnale in vista di una successione, ma una prova dell’ulteriore rafforzamento del partito comunista
Il mondo nuovo dei Brics
Al vertice di Rio de Janeiro accolto l’undicesimo paese membro, l’Indonesia, mentre i Brics e l’Asean iniziano a scambiarsi merci usando le valute locali invece del dollaro
Cosa sto leggendo
Buongiorno da Michelangelo Cocco
Ursula von der Leyen ce l’ha messa davvero tutta per far fallire il vertice annuale UE-Cina, che si svolgerà a fine mese a Pechino. E, alla fine, i continui attacchi della presidente della Commissione europea hanno contribuito a far sì che quello del 24 luglio sarà un summit nato morto. Che, con ogni probabilità, non produrrà alcun risultato.
Infatti la visita ufficiale di von der Leyen e del presidente del Consiglio europeo, António Costa, è stata accorciata a un solo giorno anziché due (come da tradizione), per l’occasione non è previsto alcun comunicato finale congiunto, il presidente cinese, Xi Jinping, non dovrebbe partecipare (lasciando tutto nelle mani del premier Li Qiang), né l’incontro del 24 sarà preceduto dall’abituale dialogo di alto livello sul commercio, per la mancanza di passi avanti in materia.
Quello che si annuncia è un confronto imbarazzante, nel cinquantesimo anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Pechino e Bruxelles. Ma come si è arrivati a questo punto?
Nel quadro di relazioni bilaterali complicate, dopo l’invasione dell’Ucraina, anche dalla quasi-alleanza tra Cina e Russia, Pechino e Bruxelles avevano lavorato negli ultimi mesi a una distensione. Poi è intervenuta l’offensiva di Donald Trump sui dazi, alla quale la leadership dell’UE, come per un riflesso pavloviano, ha risposto accettando le tariffs e cercando con gli Stati Uniti un accordo per ridurre i danni, che nuocerebbe al la Cina (alla quale i mercati Usa risulterebbero più chiusi che alla UE), che nel 2024, con l’8,3 per cento, è stata la terza destinazione dell’export dell’Ue, e per la quale l’anno scorso ha rappresentato, con il 21,3 per cento, la principale fonte di importazioni.
Eccesso di capacità produttiva, restrizioni alle esportazioni dall’Ue e appoggio alla guerra della Russia sono state le accuse principali che la presidente della Commissione - soprannominata nei circoli di Bruxelles “l’americana” - ha rivolto alla Cina in un discorso durissimo pronunciato ieri davanti al parlamento di Strasburgo, durante una sessione plenaria dedicata proprio ai rapporti UE-Cina. Un attacco che segue uno analogo sferrato dalla stessa von der Leyen durante il G7 del mese scorso in Canada.
Von der Leyen ha accusato Pechino di operare al di fuori delle regole internazionali e di inondare i mercati globali «con eccesso di capacità sovvenzionata, non solo per potenziare le proprie industrie, ma anche per soffocare la concorrenza internazionale». La Cina vanta «il più grande surplus commerciale nella storia dell'umanità», ha proseguito la presidente della Commissione, «mentre le aziende europee hanno sempre più difficoltà a fare affari sul mercato cinese, dove subiscono una discriminazione sistematica».
Mentre molti dei problemi sollevati da von der Leyen sono reali (304 miliardi di euro di deficit commerciale per l’UE nel 2024, la chiusura di una serie di mercati cinesi protetti da barriere non tariffarie, tra gli altri), è chiaro che anche nell’UE si fa ricorso a sussidi statali per favorire i nuovi settori industriali, ad esempio quello dei veicoli elettrici. E che con la Cina l’UE sta ricorrendo al protezionismo.
L’ultimo caso è quello della decisione di Bruxelles di limitare gli acquisti governativi di dispositivi medici made in China, alla quale Pechino ha risposto con una misura analoga, un occhio per occhio che si aggiunge all’irrisolta questione dei dazi varati lo scorso anno dalla Commissione sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese e alla ritorsione di Pechino sugli alcolici europei.
Quella operata dall’attuale commissione appare come una scelta eminentemente politica: nel mezzo di una guerra commerciale globale scatenata dagli Stati Uniti, si è schierata con questi ultimi mentre rifiuta un dialogo paritario con Pechino. Una scelta che pone l’UE tra due fuochi: da un lato subisce i dazi di Trump, dall’altro le inevitabili rappresaglie della Cina.
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