Il coltello dalla parte del manico
La Cina blocca le esportazioni verso gli Stati Uniti di minerali essenziali per hi-tech e armamenti
Benvenut* in Rassegna Cina.
Se la parola d’ordine di Trump è “dazi”, è assai improbabile che la sua politica nei confronti di Pechino si limiterà all’imposizione di pesanti tariffe sulle importazioni Usa dalla Cina, magari per trattare un accordo sulla riduzione del deficit commerciale Usa nei confronti della Cina. Infatti la Cina è ormai considerata un avversario strategico a tutto tondo degli Usa e dunque anche Trump dovrà continuare a rispondere all’ascesa hi-tech della Cina (tema al centro della China School organizzata da Centro studi sulla Cina contemporanea) con controlli sulle esportazioni di tecnologia, sanzioni e tutti gli strumenti a disposizione della prima economia del pianeta per difendere il suo primato tecnologico-militare.
Nell’attesa di vedere all’opera il presidente eletto, buongiorno da Shanghai da Michelangelo Cocco.
Proprio come Washington, Pechino ha giustificato lo stop, a partire dal 3 dicembre, all’esportazione senza approvazione governativa verso il paese rivale di gallio, germanio e antimonio (e ulteriori limitazioni sulla grafite) con il possibile doppio impiego, civile e militare, di questi minerali fondamentali nell’industria hi-tech e in quella degli armamenti.
Così, a 24 ore di distanza, la Cina ha reciprocato le ultime restrizioni all’export di macchinari e software varate dagli Stati Uniti nei confronti di 140 compagnie cinesi della filiera dei microchip. Nello stesso tempo il governo di Pechino ha imposto agli esportatori del settore di rivelare i propri clienti statunitensi, in modo da identificare le dipendenze dalla Cina del complesso militare-industriale Usa.
Di alcune materie prime indispensabili nell’industria hi-tech la Cina controlla l’estrazione e la lavorazione: 98 per cento del gallio, 60 per cento del germanio, 77 per della grafite, 48 per cento dell’antimonio. E gli Stati Uniti dipendono dalla Cina per circa il 50 per cento delle importazioni di questi minerali.
Da quando, nell’ottobre scorso, Pechino ha iniziato ad applicare limiti alla loro vendita agli Stati Uniti (anche in quel caso in risposta a limitazioni Usa di export hi-tech verso la Cina), il prezzo del gallio e del germanio - indispensabili per le comunicazioni satellitari e alcuni armamenti - è aumentato rispettivamente dell’80 e del 50 per cento. Secondo lo US Geological Survey, il blocco dell’export deciso da Pechino potrebbe costare agli Usa 3,4 miliardi di dollari di Pil in meno.
Trump avvicinerà l'Europa alla Cina?
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e il suo programma a base di dazi contro tutti aprono, in teoria, la strada per un riavvicinamento tra la Cina e l’Unione Europea. Un grosso ostacolo su tale percorso è però rappresentato dalle divisioni tra i governi in seno all’Ue e da un suo generale spostamento a destra, su posizioni “anti…
«Questi nuovi controlli sottolineano solo l’importanza di rafforzare i nostri sforzi con altri paesi per ridurre i rischi e diversificare le catene di approvvigionamento critiche lontano dalla Cina», ha dichiarato alla Reuters un portavoce della Casa Bianca. Nell’ambito delle ultime misure approvate, l’amministrazione Biden ha utilizzato per la prima volta nei confronti di 16 compagnie cinesi la Foreign Direct Product Rule, precedentemente impiegata da Trump contro Huawei.
Per quanto riguarda invece la leadership cinese, con la rappresaglia messa in campo ha segnalato all’amministrazione Trump - che si insedierà il 20 gennaio 2025 - che Pechino ha gli strumenti necessari per rispondere non soltanto alla guerra commerciale minacciata dal presidente eletto, ma anche al controllo delle esportazioni e alle sanzioni in ambito hi-tech, strumenti di “contenimento tecnologico” che con ogni probabilità saranno impiegati contro la Cina anche dal prossimo presidente Usa.
Intanto, secondo la tv di stato, la Cina ha già superato l’obiettivo della creazione di 10.000 nuove piccole e medie imprese private nei settori tecnologici nel periodo del XIV Piano quinquennale (2021-2025). La CCTV ha riferito che tra i 14.600 nuovi “piccoli giganti” si contano 5.000 compagnie che si occupano di nuove tecnologie, come intelligenza artificiale e droni commerciali.
Circa il 90 per cento dei “piccoli giganti” sono aziende manifatturiere, di cui oltre l’80 per cento opera in “catene industriali strategiche emergenti”, come i semiconduttori e l’aerospaziale. Insomma gli sforzi per sostenere l’innovazione non più soltanto strafinanziando le aziende di stato, ma anche sostenendo le pmi, starebbero dando ottimi frutti.
Certo è che la politica industriale di Pechino ha scommesso sul potenziale di queste imprese di specializzarsi in mercati di nicchia, di sviluppare alternative nazionali ai componenti tradizionalmente importati dall’estero e di rafforzare la catena industriale cinese. A tal fine il governo ha istituito un sistema di supporto globale per queste aziende, come delineato nella strategia “Made in China 2025”.
Crédit Agricole: Hong Kong indispensabile per l’Asia
I dazi di Trump non spaventano il colosso bancario
Crédit Agricole continuerà a scommettere su Hong Kong come hub per la sua espansione in Asia, nonostante le minacce di guerra commerciale alla Cina lanciate da Donald Trump, che il 20 gennaio prossimo si insedierà alla Casa bianca. Ad annunciarlo è stato l’amministratore delegato del colosso bancario francese, in un’intervista a South China Morning Post concessa in occasione di una sua visita nell’ex colonia britannica il mese scorso.
«Internazionalizzazione dello yuan, finanza verde e sviluppo delle infrastrutture sono i tre principali settori di sviluppo di Hong Kong, che possono offrire enormi opportunità per Crédit Agricole CIB, poiché disponiamo di forti capacità in queste aree - ha spiegato Xavier Musca -. L’Asia dispone di un bacino di risparmio gigantesco, il che è molto interessante per il Gruppo Crédit Agricole come banca e come società di gestione patrimoniale».
«La Cina, la seconda economia più importante del mondo, continuerà a crescere e ad essere un’economia aperta - ha previsto Musca -. Non ridurremo le nostre attività in Cina o in Asia a causa della minaccia di una guerra commerciale».
Crédit Agricole opera in Asia attraverso la divisione di investment banking Crédit Agricole CIB, quella di asset management Amundi e l’unità di gestione patrimoniale Indosuez Wealth Management.
Trump ha annunciato un aumento del 10 per cento dei dazi d’importazione negli Stati Uniti su tutte le merci cinesi a partire dal 20 gennaio e minacciato un incremento sulle stesse importazioni fino al 60 per cento.
Dopo il varo della legge sulla sicurezza nazionale che ha contribuito alla repressione del movimento pro-democrazia di Hong Kong, il 14 luglio 2020 Trump varò un ordine esecutivo che ha sospeso il trattamento economico preferenziale riservato dagli Stati Uniti a Hong Kong in base allo United States-Hong Kong Policy Act del 1992; nonché lo Hong Kong Autonomy Act che, tra l’altro, ha sanzionato un gruppo di funzionari locali ritenuti responsabili dell’erosione delle autonomie dell’ex colonia britannica.
Con il ritorno di Trump alla Casa bianca è molto probabile che nei confronti di HK il nuovo presidente segua la stessa linea (fatta sua anche dall’amministrazione Biden) o che addirittura la inasprisca, tanto che un certo numero di fondi si starebbero trasferendo da Hong Kong a Singapore, che una parte dei capitali Usa e dell’Unione Europea considera il rifugio più sicuro in Asia.
Ciononostante, Crédit Agricole - impegnata, tra l’altro, nel finanziamento di alcuni dei piani infrastrutturali che stanno cambiando il volto di Hong Kong (ad esempio il mega progetto Northern Metropolis - continuerà a puntare su Hong Kong, per le ragioni così illustrate da Musca:
«Hong Kong è il centro offshore dello yuan, il che è estremamente importante per noi poiché è coerente con la nostra strategia di sostegno all’internazionalizzazione dello yuan. Lo yuan è diventato una delle principali valute del mondo. È impossibile che una banca internazionale non sia presente su questo mercato».
«Sia il governo di Hong Kong che quello della Cina continentale hanno mostrato il loro sostegno al mantenimento di Hong Kong come centro di raccolta fondi per ESG (ambientali, sociali e di governance) e per i green bond. Crédit Agricole CIB è uno dei maggiori gestori di green bond al mondo e negli ultimi anni abbiamo fornito consulenza e organizzato tutte le emissioni di green bond da parte del governo di Hong Kong, supportando al contempo altre società».
Sulla manifattura effetto Trump
Secondo le rilevazioni di Caixin, il mese scorso la crescita della produzione manifatturiera in Cina ha accelerato fino a raggiungere il tasso più alto da giugno, e i nuovi ordini totali - che rappresentano un indicatore chiave della domanda complessiva - sono cresciuti al ritmo più rapido da febbraio 2023.
L’indice Caixin China General Manufacturing Purchasing Managers’ Index, che fornisce un’istantanea indipendente del vasto settore manifatturiero del paese, a novembre si è infatti attestato a 51,5, rispetto a 50,3 di ottobre (un valore superiore a 50 indica un’espansione dell’attività, mentre un numero inferiore segnala una contrazione).
Secondo i dati del governo, nei primi tre trimestri del 2024 il settore manifatturiero ha rappresentato il 26 per cento del prodotto interno lordo della Cina.
«Dalla fine di settembre, la sinergia tra le politiche esistenti e le ulteriori misure di stimolo ha costantemente agito sul mercato, il che si riflette nel miglioramento della performance economica negli ultimi due mesi», ha affermato Wang Zhe, economista del Caixin Insight Group.
Dopo essere diminuita per tre mesi consecutivi, il mese scorso la domanda dall’estero è tornata a crescere, soprattutto perché gli importatori stranieri hanno accelerato l’acquisto di beni cinesi per evitare, prevenendoli, i pesanti dazi che con ogni probabilità Donald Trump imporrà sulle merci importate dalla Cina a partire dal prossimo 20 gennaio, quando si insedierà alla Casa bianca.
Il miglioramento della domanda e dell’offerta, tuttavia, non è riuscito a invertire la contrazione del mercato del lavoro. Infatti l’occupazione è diminuita per il terzo mese consecutivo, poiché le aziende sono rimaste comunque molto prudenti sulle assunzioni.
«Sono aumentati i fattori positivi che hanno contribuito a un’accelerazione della ripresa economica a novembre», ha affermato Wang. Tuttavia, ha avvertito che l’economia deve ancora affrontare una forte pressione al ribasso, caratterizzata dalla continua contrazione dell’occupazione. Ciò indica che l’effetto dello stimolo economico recentemente varato dal governo di Pechino deve ancora farsi sentire sul mercato del lavoro e che la fiducia delle imprese nell’espansione della forza lavoro deve essere rafforzata.
«Anche se la crisi sembra aver toccato il fondo, l’economia necessita di un ulteriore consolidamento», ha affermato Wang, aggiungendo che occorre prestare particolare attenzione alla coerenza e all’efficacia delle misure di stimolo aggiuntive. Secondo Wang «le pressioni strutturali e cicliche che gravano sull’economia continueranno, insieme alla probabilità dell’aumento delle incertezze esterne, che richiedono politiche adeguate per contenerne gli effetti negativi».
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