Scricchiola il castello di dazi di Trump
Una corte di New York: incostituzionali le tariffe sulle importazioni del "Liberation Day"
Un verdetto della corte di New York sul commercio internazionale ha bloccato per qualche ora il 29 maggio i super dazi sulle importazioni negli Stati Uniti varati da Donald Trump il 2 aprile scorso, nel cosiddetto “Liberation Day”, nonché quelli decretati all’inizio dell’anno contro Cina, Messico e Canada, ufficialmente per contrastare l’ingresso dell’oppiaceo fentanyl negli Stati Uniti.
Per Trump e la sua idea di rendere di nuovo grande l’America (Make America Great Again) riportandovi la manifattura soprattutto grazie ai dazi sulle importazioni poteva trattarsi di una sconfitta politica bruciante. Ma il giorno stesso è arrivato il pronunciamento della corte d’appello federale, che ha decretato che «le sentenze e le ingiunzioni permanenti emesse dalla Corte del commercio internazionale in questi casi sono temporaneamente sospese».
La corte d'appello ha concesso ai ricorrenti tempo fino al 5 giugno per presentare le loro risposte. L’amministrazione Trump invece potrà presentare una replica entro il 9 giugno, dopodiché la corte emetterà la sua decisione definitiva.
Poco dopo l’ordinanza della corte d’appello, Trump ha dichiarato sui social media: «Fortunatamente, l’intero collegio di undici giudici della Corte d’Appello degli Stati Uniti ha appena sospeso l'ordinanza della Corte del Commercio Internazionale di Manhattan».
Nonostante ciò, Trump ha affermato di sperare che la Corte Suprema annulli “rapidamente e con decisione” la decisione del tribunale commerciale, che ha definito “orribile e minacciosa per il Paese”. «Non si deve permettere ai 'truffatori' dietro le quinte di distruggere la nostra nazione!» ha affermato il presidente degli Stati Uniti.
Perché l’alt dei giudici
Secondo le toghe, che hanno deciso all’unanimità (tre su tre) i poteri previsti in caso di “emergenza nazionale” utilizzati da Trump - bypassando il parlamento - non potevano essere utilizzati dal presidente per varare la gran parte dei dazi fin qui approvati sulle importazioni delle merci dalla Cina e dal resto del mondo. Trump avrebbe dunque agito contro la Costituzione sia avendo utilizzato una legge che non gli attribuiva alcun potere sui dazi, sia per aver bypassato il parlamento.
La corte di Manhattan sul commercio internazionale ha spiegato che: «la corte non interpreta l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) come atto a conferire tale autorità illimitata e annulla le tariffe contestate imposte ai sensi dello stesso». Questo sostanzialmente perché lo International Emergency Economic Powers Act non contiene alcun riferimento ai dazi come strumento da poter utilizzare in caso di “emergenza nazionale”.
Secondo i giudici:
Lo IEEPA non autorizza nessuno degli ordini tariffari mondiali, di ritorsione o relativi ad attività commerciali. Gli ordini tariffari mondiali e di ritorsione eccedono qualsiasi autorità concessa al Presidente dallo IEEPA per regolamentare le importazioni tramite tariffe. I dazi relativi al commercio sono inefficaci perché non affrontano le minacce indicate in tali ordini.
Che succede ora
L’ambasciatore di Pechino negli Stati Uniti, Xie Feng, ha reagito alla sentenza durante un evento presso l’ambasciata cinese, dichiarando al Washington Post che il suo governo non vuole una guerra tariffaria con nessun paese perché «pensiamo che sarebbe un gioco a somma zero; nessuno ne uscirebbe vincitore». Xie ha aggiunto che la Cina è «fermamente contraria ai dazi, ma ovviamente quando ci vengono imposti, non c'è altra scelta che reagire».
Anche l’intervento della corte federale lascia il commercio internazionale in un clima di incertezza e dunque, al momento, non cambia nulla per i governi e le aziende, che continueranno a studiare come dirigere altrove parte del loro export o come indirizzarlo verso il ricco mercato americano partendo però da paesi terzi gravati da dazi meno pesanti.
Per la politica economica e tariffaria dell’amministrazione Trump si apre invece una fase, se possibile, ancora più caotica dei mesi che hanno accompagnato il varo di dazi d’ogni genere, contro tutti.
Infatti, anche se la corte federale ha reso vano l’intervento di quella di New York sul commercio internazionale, alla fine potrebbe arrivare un pronunciamento della Corte suprema (i cui giudici sono a maggioranza trumpiani). Per ogni evenienza comunque l’amministrazione Trump potrà utilizzare anche altri strumenti legislativi per sostenere la sua politica di dazi, che è fermamente deciso a portare avanti, per tre motivi fondamentali:
riequilibrare la bilancia commerciale in particolare con paesi, come la Cina, nei confronti dei quali gli Usa accusano un pesante deficit (295 miliardi di dollari nel 2024);
aumentare le entrate fiscali;
provare a riportare un po’ di manifattura negli Stati Uniti.
Articolo aggiornato il 30 maggio 2025