L'Italia aspetta Dongfeng mentre in Spagna arriva Chery: l'auto elettrica cinese pianta radici nell'Unione Europea
A Barcellona rilevata fabbrica ex Nissan, la produzione partirà nei prossimi mesi
Buongiorno da Shanghai.
Chery produrrà presto macchine a Barcellona, nello stabilimento ex Nissan. L’annuncio è arrivato il 14 aprile scorso dal presidente della casa automobilistica cinese, Yin Tongyue, confermato due giorni dopo dal governo catalano. Dopo BYD, che nel dicembre scorso ha ufficializzato la prossima apertura di una fabbrica a Szeged, nel sud dell’Ungheria, Chery è il secondo grande player dell’automotive cinese a localizzare la produzione nell’Unione Europea.
Venerdì 19 aprile i dettagli della joint-venture tra Chery (che avrà una partecipazione di minoranza) e la spagnola EV Motors (che aveva acquistato da Nissan l’impianto, fermo dal 2021) verranno illustrati nel corso di una cerimonia a Barcellona. L’accordo dovrebbe permettere a 1.600 dipendenti ex Nissan di mantenere il posto di lavoro.
L’investimento cinese in Spagna è molto diverso da quello in Ungheria: nel primo caso la protagonista è una compagnia di stato, nel secondo un’azienda privata; Chery è ancora legata ai veicoli con motore a combustione interna e ibridi, BYD fabbrica solo macchine elettriche e ibride; quello del produttore di Wuhu è un progetto meno ambizioso se paragonato alla fabbrica nuova di zecca che la multinazionale di Shenzhen sta costruendo a Szeged (al confine tra Ungheria, Serbia e Romania), che dovrebbe essere inaugurata nella seconda metà del 2025 e sfornare 200.000 veicoli elettrici all’anno.
La sostanza però e la stessa: i grandi produttori cinesi si sono mossi con decisione per localizzare la produzione di veicoli elettrici all’interno dell’Unione Europea, per una serie di motivi:
quello dell’Ue è un mercato ricco, aperto, e nel quale - in linea con l’obbligo, a partire dal 2035, di vendere auto nuove solo a nuova energia - la domanda di veicoli elettrici è in costante aumento;
a causa dei costi, della logistica e delle tensioni commerciali, per le esportazioni cinesi è difficile stare al passo con l’incremento della domanda dell’Ue;
l’inchiesta lanciata nell’ottobre 2023 dalla Commissione potrebbe determinare un aumento dei dazi d’importazione nell’Ue, attualmente al 10 per cento, fino al 25 per cento.
Secondo le ultime indiscrezioni, per fabbricare le sue auto “made in the EU” l’azienda di stato cinese utilizzerebbe la piattaforma E0X, quella impiegata per la Luxeed S7 sviluppata da Chery assieme a Huawei. A Barcellona Chery inizierebbe subito a produrre i modelli del suo brand Omoda, mentre la spagnola EV Motors seguirebbe, sfornando i suoi dal quarto trimestre di quest’anno.
Le esportazioni di Chery sono più che raddoppiate nel 2023 arrivando a 937.148 veicoli, pari a quasi la metà delle sue vendite annuali totali. Nel primo trimestre di quest’anno, hanno toccato le 253.418 unità, con un aumento su base annua del 40,9 per cento. Il presidente Yin ha rivelato che Chery prevede di introdurre 24 modelli ibridi e 15 completamente elettrici nei prossimi 20 mesi.
L’Italia invece sta pensando a Dongfeng come partner da affiancare a Stellantis. I colloqui con il ministro dell’industria, Adolfo Urso, sono in corso e, secondo quanto trapelato, il governo Meloni offrirà a Dongfeng alcune opzioni per i siti di produzione nelle prossime settimane.
Intanto Qian Xie - responsabile di Dongfeng per l’Europa - ha confermato che sono in corso discussioni «allo stadio iniziale con il governo italiano», aggiungendo che «l’Italia è uno dei maggiori mercati automobilistici europei e per una casa automobilistica cinese avere una produzione locale significa poter rifornire tutti gli altri Paesi dell’area».
L’azienda di stato di Wuhan sarebbe pronta a produrre in Italia oltre 100.000 veicoli all’anno. Ci sono però da superare, tra l’altro, le resistenze di Stellantis, con la quale Urso si è scontrato. Nei giorni scorsi l’amministratore delegato, Carlos Tavares, ha minacciato di dover prendere «decisioni impopolari» se un produttore cinese di veicoli elettrici dovesse insediarsi in Italia.
Come Chery, Dongfeng è un produttore ancora legato ai veicoli tradizionali e al mercato interno (non è tra i primi dieci esportatori di auto cinesi). Dopo aver raggiunto un picco nel 2017 con 2,83 milioni di consegne, le vendite di Dongfeng sono scese a 1,72 milioni lo scorso anno, con un calo del 38%.
La ricetta di Tajani per rilanciare il dialogo Roma-Pechino: più cooperazione tra le Pmi e più turismo
Un incontro annuale di scambio di iniziative tra le piccole e medie imprese di Italia e Cina, e un momento di analisi della situazione ogni sei mesi. Il ministro degli esteri del governo Meloni, Antonio Tajani, e il ministro del Commercio della Repubblica popolare cinese, Wang Wentao, si sono accordati in tal senso a margine della Commissione economica mista Italia-Cina (CEM) e del Business and Dialogue-Forum Italia-Cina, che si sono svolti a Verona rispettivamente l’11 e il 12 aprile scorso.
Il responsabile della Farnesina e vice presidente del Consiglio ha dichiarato di aver trovato da parte del ministro cinese «orecchie molto attente su molti fronti», che porteranno «a rafforzare il dialogo commerciale in maniera bilaterale». Il leader di Forza Italia ha parlato dello sviluppo turistico cinese in Italia come di «un punto fondamentale, un settore chiave che avrà come prossima prova le olimpiadi di Milano-Cortina; e in questo binario è da inserire il collegamento aereo Shangai-Venezia», ovvero il volo diretto che sarà annunciato presto dai due aeroporti.
Tajani ha aggiunto: «Vogliamo che la Cina rimanga il nostro principale partner commerciale in Asia. Le esportazioni continuano a crescere, e vorremmo che proseguissero anche gli investimenti cinesi in Italia». Da parte del governo c’è evidentemente voglia di ricucire lo strappo del mancato rinnovo (voluto da Meloni) del memorandum sulla via della Seta sottoscritto nel marzo 2019 dal Conte I.
I prossimi viaggi in Cina della stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rappresenteranno in quest’ottica due passaggi importanti.
L'economia cinese meglio delle previsioni: Pil +5,3% nel primo trimestre
L’economia cinese apre il 2024 con una crescita del prodotto interno lordo del 5,3 per cento nel primo trimestre che lancia segnali positivi. Sia perché superiore alle aspettative (il sondaggio degli economisti di Caixin aveva previsto +4,9 per cento), sia perché calcolata rispetto a una base di riferimento elevata, quella del periodo gennaio-marzo 2023, durante il quale si registrò una forte ripresa conseguente alla rimozione delle restrizioni anti-Covid.
Oltre a quelli sul Pil, tra i dati sul primo trimestre 2024 pubblicati martedì 16 aprile dall’Ufficio nazionale di statistica (Nbs) segnaliamo:
gli investimenti in capitale fisso, cresciuti nel primo trimestre 2024 del 4,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso;
gli investimenti manifatturieri, aumentati del 9,9 per cento nei primi tre mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023;
gli investimenti infrastrutturali, che hanno registrato tra gennaio e marzo 2024 una crescita del 6,5 per cento, sempre su base annua;
le vendite al dettaglio, +3,1 per cento a marzo 2024 rispetto allo stesso mese del 2023;
gli investimenti immobiliari, calati del 9,5 per cento tra gennaio e marzo 2024 su base annua;
il valore aggiunto della produzione industriale, cresciuto a marzo 2024 del 4,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2023.
Secondo Ding Shuang, capo economista Greater China di Standard Chartered Bank, i dati di questo primo trimestre 2024 sono il frutto della «rapida crescita nel settore dei servizi, nonché dall’aumento della domanda dall’estero che ha favorito la crescita delle esportazioni nel settore industriale», soprattutto quelle dei veicoli elettrici.
Al contrario i dati sulla produzione industriale e sulle vendite al dettaglio evidenziano la persistente debolezza della domanda interna. A marzo la produzione industriale è cresciuta del 4,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2023, meno dell’aumento previsto del 6,0 per cento e meno del +7,0 per cento del bimestre precedente. Sempre a marzo i consumi sono aumentati del 3,1 per cento su base annua, meno della crescita prevista del 4,6 per cento e in rallentamento rispetto al +5,5 per cento del periodo gennaio-febbraio.
Continuano a farsi sentire gli effetti della crisi del settore immobiliare. Il prezzo delle case ha continuato a scendere a marzo, così come le vendite, nonostante l’allentamento da parte del governo delle restrizioni sugli acquisti e delle norme sui mutui. I prezzi delle case nuove in 70 città sono scesi dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente.
Guangzhou e Shenzhen hanno visto i prezzi degli appartamenti non nuovi scendere dell’1 per cento il mese scorso, mentre Fuzhou, la capitale della provincia del Fujian, è stata l'unica delle 70 città campione del Nbs a vedere aumentare i prezzi delle case non nuove, e solo dello 0,1 per cento.
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Xi Jinping's conundrum fixing the Chinese economy Toshiya Tsugami