Il nuovo premier Li Qiang: «Pieno sostegno alle aziende private e agli investitori stranieri». Il Partito comunista si rafforza ancora nella crisi
La competizione con gli Stati Uniti e gli squilibri demografici della Cina delimiteranno il perimetro delle politiche economiche e delle riforme istituzionali di Pechino
Li Qiang è stato eletto premier della Repubblica popolare cinese (Rpc) sabato scorso (11 marzo) dalla XIV Assemblea nazionale del popolo (Anp), la cui prima sessione annuale si è chiusa il giorno successivo a Pechino. Il sessantatreenne Li guiderà il Consiglio di stato (il governo) per i prossimi cinque anni. Li Qiang - già promosso al numero due della nomenklatura del partito comunista (Pcc) dal XX congresso (16-22 ottobre 2022) - è un fedelissimo del segretario generale Xi Jinping, al quale la stessa Anp, il 10 marzo scorso, ha dato un terzo mandato quinquennale da presidente della Rpc.
Li e i suoi quattro vice saranno i responsabili della politica economica. Dovranno affrontare una fase senza precedenti per la seconda economia del pianeta, caratterizzata dal rallentamento della crescita (+2,2%, +8,1%, +3% negli ultimi tre anni) e dall’embargo tecnologico sulle cosiddette “componenti chiave” decretato dagli Stati Uniti contro la Cina.
Li è stato catapultato sulla poltrona di premier da Xi, nonostante non avesse in precedenza ricoperto il ruolo di vice premier (è la prima volta in era post maoista). I media occidentali hanno quindi ipotizzato che Li sia destinato a fungere da mero esecutore delle direttive di Xi. Tuttavia, se è evidente che Li dovrà muoversi nel perimetro tracciato dalla leadership del partito, la sua consuetudine col grande capitale privato, la sua capacità di coordinare il lavoro dei funzionari, e la fiducia di cui gode da parte di Xi, lo rendono autorevole. Dunque Li potrebbe rivelarsi più “autonomo” e incisivo del suo compassato predecessore, Li Keqiang.
Un master in Business administration presso il Politecnico di Hong Kong, Li ha ricoperto incarichi apicali nelle aree costiere più sviluppate del paese (governatore della provincia dello Zhejiang 2012-2016; segretario di partito della provincia del Jiangsu 2016-2017; segretario di partito a Shanghai dal 2017 al 2022). In Cina viene unanimemente considerato un convinto sostenitore del settore privato, con spiccate capacità di attirare gli investitori stranieri (nel 2018, ha portato la Gigafactory 3 di Tesla a Shanghai), ed è per questo che è stato scelto da Xi: per far ripartire la crescita (“intorno al 5%” l’aumento del Pil previsto per il 2023) la leadership dovrà essere capace di infondere fiducia nei piccoli, medi e micro imprenditori pesantemente colpiti dai lockdown della politica “contagi zero”, e convincere gli stranieri che i vantaggi di investire in Cina non si sono esauriti.
Il settore privato rappresenta circa il 60% del Pil, degli investimenti in capitale fisso e degli investimenti esteri diretti, oltre la metà delle entrate fiscali, e più dell’80% dei posti di lavoro urbani. In una fase nella quale l’economia cresce meno che in passato, il partito comunista deve far dimenticare le mosse degli ultimi due anni (in piena pandemia), che in molti - in patria e all’estero - hanno interpretato come un attacco al settore privato, tra le quali la campagna anti-monopoli, per la “prevenzione dell’espansione disordinata di capitale” lanciata a fine 2020, che ha bruciato miliardi di dollari nelle borse cinesi e causato decine di migliaia di licenziamenti nelle compagnie nazionali di internet.
Per questo lunedì (13 marzo) Li si è presentato alla stampa promettendo anzitutto «un impegno inequivocabile e risoluto» a favore delle aziende private, che potranno «contare su un contesto migliore e spazio maggiore per svilupparsi». Chiusa la dolorosa parentesi della pandemia (dal 15 marzo le ambasciate hanno ripreso a rilasciare tutti i tipi di visti, inclusi quelli turistici, per l’ingresso in Cina) l’amministrazione guidata da Li assicura al settore privato uguale trattamento, sostegno al mercato e un contesto economico regolato da leggi in linea con gli standard internazionali.
Lo stesso Xi ha affermato davanti all’Anp (il 6 marzo scorso) che le imprese e gli imprenditori privati «fanno parte della nostra famiglia» e che devono avere la sicurezza di «svilupparsi intensamente». Le rassicurazioni di Li e Xi ricalcano la linea uscita dalla Conferenza centrale sul lavoro economico del dicembre scorso.
Secondo Wang Feng, presidente del gruppo shanghaiese Ye Lang Capital:
Li è un grande sostenitore di ulteriori aperture del mercato agli investitori stranieri e ha esortato la burocrazia locale a creare un ambiente favorevole agli affari quando era al timone di Shanghai. È probabile che conceda alle imprese, nazionali o estere, maggiore libertà nella conduzione di operazioni transfrontaliere, richiedendo ai funzionari governativi di ridurre ulteriormente la burocrazia per aiutare le aziende.
Per quanto riguarda l’attrazione di capitale straniero, Li ha sottolineato che, nel 2022, la Cina ha ricevuto investimenti esteri per 189 miliardi di dollari, +30% rispetto al 2019, cioè al livello pre-pandemia. «Indipendentemente dai cambiamenti esterni - ha assicurato il nuovo premier - la Cina non farà altro che aprirsi maggiormente agli investimenti da tutto il mondo e fornire servizi migliori a tutti».
La strategia della leadership è quella di mantenere il paese ancorato alle catene globali di approvvigionamento, principalmente per due motivi: 1) l’economia cinese dipende ancora in parte dalle esportazioni di manufatti, e dall’importazione di materie prime; 2) tenere il paese integrato nella produzione e nel commercio mondiale rende più difficile colpirne gli “interessi fondamentali” da parte dei suoi avversari, che restano anche suoi partner.
Per quanto riguarda il rapporto con Washington, Li ha sostenuto che «la Cina e gli Stati Uniti sono strettamente intrecciati economicamente. Entrambi beneficiamo dello sviluppo dell’altra parte», e che l’idea del decoupling (la “separazione” tra le due economie) «è solo una montatura, la soppressione non fa bene a nessuna delle due parti».
Eppure l’obiettivo degli Usa è quello di rallentare la rincorsa della Cina, negandole le “tecnologie chiave”, strategia rivendicata nei discorsi e nei documenti ufficiali dell’amministrazione Biden. L’8 marzo scorso è arrivata la conferma che - in seguito alle pressioni di Washington - il governo olandese imporrà alla sua multinazionale Asml il blocco delle esportazioni verso la Cina dei più avanzati macchinari per la produzione di microchip. Se/quando anche Tokyo - secondo quanto trapelato nelle ultime settimane - ufficializzerà simili restrizioni, la Cina si troverà priva di questi strumenti fondamentali e dovrà fare affidamento sui produttori locali, come la Shanghai Micro Electronics Equipment, in grado, al momento, di sfornare microchip molto meno avanzati della big olandese (e di quelle nipponiche).
Parallelamente a quella dagli Stati Uniti, è dall’interno della società cinese che arriva la sfida principale al Partito comunista, costretto ad adattare strategie (e ideologia) per gestire i profondi mutamenti interni. Mentre - per effetto del combinato disposto del calo delle nascite e dell’aumento dell’aspettativa di vita - la popolazione invecchia rapidamente, il 2023 farà registrare un nuovo record di neolaureati: 11,58 milioni. A questi giovani bisognerà assicurare un posto di lavoro dignitoso, in un mercato meno dinamico rispetto ai decenni passati.
Li ha promesso che lo sviluppo mirerà a migliorare la vita delle persone in aree che vanno dall’alloggio, all’occupazione, ai servizi sanitari. Tutte misure da tempo individuate come necessarie e ora improcrastinabili per provare a sollevare una domanda interna che da troppo tempo stenta a decollare.
Il governo sta inoltre studiando un percorso «progressivo, flessibile e differenziato per l’innalzamento dell’età pensionabile», ritardandola cioè inizialmente di alcuni mesi, che aumenterebbero progressivamente. Secondo quanto riferito al “Global Times” da Jin Weigang, presidente dell’Accademia cinese del lavoro e della sicurezza sociale, «le persone che si avvicinano all’età pensionabile dovranno ritardare il pensionamento solo di diversi mesi. I giovani potrebbero dover lavorare qualche anno in più, ma avranno un lungo periodo di adattamento e transizione, ha affermato». Attualmente gli uomini vanno in pensione a 60 anni, le donne a 55 e le operaie a 50: la Rpc è tra i paesi del mondo in cui si va in pensione prima.
Li sarà affiancato da quattro nuovi vice - tutti vicinissimi a Xi Jinping - eletti dall’Anp: il vicepremier esecutivo Ding Xuexiang (60 anni), He Lifeng (68 anni), Zhang Guoqing (58 anni), Liu Guozhong (60 anni).
Ding Xuexiang ha lavorato nel 2007 come segretario di Xi, quando quest’ultimo ricopriva l’incarico di segretario di partito a Shanghai. Subito dopo l’elezione di Xi Jinping a segretario generale, nel 2013 Ding venne promosso vice direttore dell’Ufficio generale e da allora ha accompagnato quasi sempre il leader cinese in diversi viaggi sia all’interno del paese, sia all’estero. Dopo il XIX congresso, viene promosso direttore dello stesso Ufficio generale. Il XX congresso l’ha fatto entrare tra i sette membri del comitato permanente dell’ufficio politico, al numero sei della nomenklatura del partito. Ingegnere meccanico, Dingo si è formato (presso lo Shanghai Reserch Institute of Materials, Srim) nel settore della ricerca sui materiali, fondamentale per l’innovazione, e per la politica industriale della Cina. Ding potrebbe rivelarsi una pedina importante per spingere sull’innovazione tecnologica, che considera da sempre lo strumento per lo sviluppo interno della Cina e per la competizione internazionale.
He Lifeng è il nuovo “zar economico” della Cina, posizione nella quale sostituisce Liu He. A differenza del riformista Liu, economista con un master ad Harvard a suo agio tra i membri dell’élite economico-finanziaria internazionale, He ha una laurea triennale in finanza conseguita all'Università di Xiamen, e Gran parte del suo cursus honorem è fatto di incarichi burocratici nella provincia del Fujian, dove ha lavorato per 25 anni. È un alleato di lunga data di Xi ed è stato vicepresidente (dal 2014) e (dal 2017) presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (Ndrc), l’importante agenzia di pianificazione statale. Lavorerà a stretto contatto con Yi Gang, riconfermato governatore della Banca centrale (Pboc).
Zhang Guoqing ha un dottorato di ricerca in economia e ha trascorso 20 anni lavorando in aziende della difesa prima di dedicarsi alla politica e ricoprire posizioni di vertice nelle municipalità di Chongqing e Tianjin, nonché nella provincia del Liaoning. Zhang è stato presidente dell’appaltatore militare China North Industries Group Corporation (Norinco).
Liu Guozhong è un esperto di tecnologia militare che è stato capo del Partito comunista della provincia dello Shaanxi.
Una super commissione scientifica e una authority finanziaria per favorire lo sviluppo tecnologico e scongiurare crisi sistemiche
La prima sessione plenaria della XIV Assemblea nazionale del popolo (Anp) ha approvato una importante riforma che ridefinisce funzione e compiti del ministero della Scienza e della Tecnologia, nel tentativo di rafforzare la ricerca, per rendere la Cina autonoma nell’innovazione tecnologica. Una priorità assoluta per la leadership di Pechino, per non rimanere schiacciata dall’embargo che gli Stati Uniti stanno attuando per impedire alla Cina l’accesso a quelle “componenti chiave” che le permetterebbero di proseguire il suo inseguimento delle economie più avanzate.
Secondo il piano del Consiglio di stato ratificato dall’Anp, il cambiamento è stato reso necessario proprio dal mutato contesto internazionale, con la Cina che può fare sempre meno affidamento sull’importazione e l’adattamento di tecnologie straniere, e che di conseguenza deve concentrarsi sullo sviluppo delle proprie, attraverso la ricerca e l’innovazione.
Uno studio recentemente pubblicato dalla Università Changan di Xian chiarisce la portata della sfida tecnologica per la Cina. Secondo la ricerca, condotta dal professor Liu Lanjian:
La politica di controllo della tecnologia degli Stati Uniti ha prodotto un aumento significativo del numero domande di brevetto e di finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo delle imprese hi-tech. Ma anche il costo dell’innovazione tecnologica è aumentato notevolmente, rendendo le attività innovative più difficili e meno efficienti. Nel campo delle tecnologie d’avanguardia, la Cina è sopraggiunta in ritardo, e ci sono ancora anelli deboli in alcuni campi tecnologici chiave. I prodotti sostitutivi non sono ancora completamente maturi e disponibili e mancano alcuni anelli chiave della catena di approvvigionamento. Allo stato attuale, i paesi sviluppati hanno ulteriormente rafforzato il controllo dell’hi-tech. Le imprese hi-tech cinesi rappresentate da Huawei sono forze emergenti che si integrano attivamente nell’economia globale, ma che stanno affrontando enormi rischi a causa del controllo della tecnologia.
Con quella che è la sua terza riforma negli ultimi sei anni, il ministero della Scienza e della Tecnologia viene “liberato” dalla gestione dei progetti di ricerca (e dai relativi budget), che verranno trasferiti e smistati, a seconda delle materie, ai dicasteri dell’Industria e dell’Informatica, dell’Ambiente, della Sanità, dell’Agricoltura, e alla Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (Ndrc). Nel 2020, il ministero della Scienza e della Tecnologia aveva un budget di 45,3 miliardi di yuan (6,6 miliardi di dollari), il più ricco tra i dipartimenti governativi che si occupano di ricerca e sviluppo.
Grazie alla riforma, ogni ministero potrà concentrarsi sugli sviluppi industriali e sulle innovazioni tecnologiche nel proprio campo, invece che su programmi onnicomprensivi. Questo tipo di ricerca più mirata soppianterà i grandi progetti a livello nazionale del passato, che hanno dato luogo a una produzione scientifica al di sotto delle aspettative.
Il ministero della Scienza e della Tecnologia così riorganizzato avrà soprattutto una funzione di guida e di supervisione.
All’interno dello stesso ministero viene istituita una Commissione centrale per la scienza e la tecnologia, sotto l’autorità del comitato centrale del Partito comunista cinese. La Commissione sarà composta da esperti con il compito di elaborare le politiche per lo sviluppo scientifico e tecnologico. Si tratta in sostanza una super-agenzia che centralizza l’organizzazione e il coordinamento del lavoro scientifico e tecnologico attribuendone la leadership al Partito comunista cinese.
La creazione di questa nuova Commissione ricalca la logica seguita nell’ultimo decennio da Xi Jinping, secondo la quale gli organismi dello stato che operano in settori strategici vanno ristrutturati, per renderli più efficienti e per porli sotto il controllo diretto del Partito comunista cinese.
Secondo il “Security Times”, il crollo della statunitense Silicon Valley Bank «non genererà un impatto sostanziale sui mercati finanziari cinesi. Tuttavia, l’industria finanziaria nazionale deve imparare la lezione e porre sempre il controllo del rischio come priorità numero uno».
La Cina si interroga su quale modello di business possa far fronte alle perdite generate dal finanziamento della ricerca scientifica e tecnologica senza causare crack finanziari. Anche perché, pure in Cina, nonostante i massicci finanziamenti statali, il grosso dei fondi arriva da banche commerciali. Nel 2022 la Banca centrale (Pboc) ha emesso prestiti per 200 miliardi di yuan (29 miliardi di dollari) per l’innovazione tecnologica. Il tasso d’interesse è stato fissato all’1,75%, per incentivare i prestiti delle banche commerciali alle imprese hi-tech.
L’Anp ha dato il via libera all’istituzione della National Financial Regulatory Administration (Nfra), che sostituirà la China Banking and Insurance Regulatory Commission (Cbirc). La Nfra avrà il suo quartier generale nel Xinmao Building di Pechino e, a differenza della Cbirc, farà riferimento direttamente al Consiglio di stato (il governo) e, dunque, alla leadership del partito comunista.
Avrà il mandato di supervisione il complesso dei servizi finanziari cinesi (con un valore stimato in 57.000 miliardi di dollari), e assumere anche la supervisione sulle attività quotidiane delle società finanziarie finora esercitata dalla Banca centrale (Pboc). Tra gli obiettivi del nuovo organismo, quello di esercitare una supervisione effettiva su conglomerati come Ant (gruppo Alibaba) e Citic Group.
Resta escluso il mercato azionario, che continua a essere affidato alla China Securities Regulatory Commission (Csrc). Quest’ultima viene promossa ad agenzia governativa, sotto il controllo diretto del Consiglio di stato, al fine di espandere il finanziamento diretto (attraverso il mercato azionario e l’emissione di bond) per sostenere l’economia e, in particolare, l’innovazione tecnologica.
In sostanza il nuovo organismo di controllo combinerà il potere della (ex) Cbirc con una parte del potere di controllo della Banca centrale, evitando le sovrapposizioni che negli ultimi anni si erano verificate tra la stessa Pboc, la Cbirc, la Csrc e il Consiglio di stato.
Secondo Goldam Sachs, la riforma potrà «migliorare il coordinamento della regolamentazione finanziaria, rafforzando la stabilità finanziaria».
Daniel Tu - fondatore del venture capital Active Creatin Capital - ha spiegato che la Nfra «garantirà una migliore vigilanza delle istituzioni finanziarie e protezione dei consumatori, mettendo sotto sorveglianza tutte le attività finanziarie. Tuttavia può essere interpretata anche come una ristrutturazione del partito-stato per allinearlo agli obiettivi di Xi Jinping».
Gli interventi della Rassegna Cina si confermano tempestivi e chiarificatori. Complimenti e grazie all'autore. Chissà che in avvenire non venga affrontato anche il tema delle varie forme in cui si articola lo sforzo di global outreach cinese nella fase di uscita dalla pandemia