Perché Evergrande è un problema per Xi Jinping
Si aggrava la crisi del colosso immobiliare cinese, arrestato il fondatore, interviene il governo
«Anche se molto è cambiato nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti, il fatto che siamo interdipendenti non è cambiato».
Abbiamo scelto di aprire “Rassegna Cina” con questa frase, pronunciata qualche giorno fa dall’ambasciatore cinese a Washington, Xie Feng, perché ci pare fotografi bene lo stato attuale dei rapporti tra la Cina e gli USA (e, in misura diversa, l’Unione Europea): crescenti tensioni geopolitiche e ideologiche ma, nello stesso tempo, dipendenza reciproca. Un esempio? Questa settimana l’inviata tedesca per il clima, Jennifer Morgan, si è vista negare una serie di incontri istituzionali a Pechino (dove in tre giorni ha potuto vedere solo il suo omologo, Xie Zhenhua) dopo che la ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, il 14 settembre scorso, durante un’intervista a Fox News, aveva definito Xi Jinping “un dittatore”. La Germania è di gran lunga il primo partner della Cina nell’Unione Europea e l’uscita della politica dei verdi aveva suscitato la convocazione dell’ambasciatrice tedesca a Pechino, il cui ministero degli esteri aveva stigmatizzato le parole di Baerbock come «estremamente assurde, gravemente lesive della dignità politica della Cina, e un’aperta provocazione politica».
Il governo di Pechino pronto a intervenire per impedire il crollo di Evergrande
Giovedì 28 settembre Evergrande ha ottenuto la sospensione della contrattazione delle sue azioni nella borsa di Hong Kong. Il giorno precedente, Bloomberg aveva pubblicato lo scoop del fermo di Xu Jiayin (Hui Ka Yan in cantonese), il presidente del colosso immobiliare cinese gravato da 327 miliardi di dollari di debito, e i titoli di proprietà di Evergrande avevano perso il 19% (il ribasso del valore ha toccato l’81% dalla ripresa della loro contrattazione a fine agosto, dopo 17 mesi di stop). Sempre giovedì 28 Evergrande ha comunicato che Xu è sottoposto a “misure restrittive” perché «sospettato di aver commesso azioni illegali».
Di fatto, il fermo del sessantacinquenne che nel 1996 fondò a Guangzhou Evergrande segnala che il governo intende intervenire direttamente in una vicenda che rischia di avere ulteriori ripercussioni negative sull’economia e la finanza cinese.
Nei mesi scorsi Evergrande ha discusso un piano per ristrutturare il suo debito di 31,7 miliardi di dollari dovuti a creditori internazionali (offshore), proponendo soprattutto lo scambio dei vecchi titoli di debito con nuovi bond con scadenza più lunga, dai dieci ai 12 anni. Ma, lo scorso fine settimana, Evergrande ha annunciato di non poter emettere nuove obbligazioni, a causa di un’inchiesta sulla sua principale unità cinese, Hengda Real Estate. Lunedì scorso Hengda Real Estate non è riuscita a rimborsare bond per 4 miliardi di yuan (547 milioni di dollari).
La Reuters ha anticipato che un gruppo di creditori internazionali, che detiene gran parte dei bond offshore, sarebbe pronto a unirsi all’istanza di liquidazione avanzata nel giugno 2022 da Shine Global, uno degli investitori in Evergrande, se quest’ultima non pubblicherà entro la fine di ottobre un piano di ristrutturazione del debito aggiornato.
Secondo Gary Ng, economista senior dell'Asia Pacifico presso Natixis:
«Non è chiaro il motivo per cui Xu sia sotto sorveglianza della polizia, ma ciò potrebbe segnalare alcune negoziazioni richieste dal governo. Gli ultimi sviluppi hanno interrotto la speranza di una ristrutturazione. Nessun costruttore è troppo grande per fallire in Cina, e quindi è difficile immaginare un piano di salvataggio completo. Tuttavia, quando si tratta di stabilità, è possibile vedere una maggiore influenza del governo in diversi modi».
Il mattone in Cina produce circa 1/4 del prodotto interno lordo. Per le sue dimensioni e i suoi legami con tanti settori economici e finanziari il crollo di Evergrande potrebbe rappresentare per Pechino una minaccia per il mantenimento della stabilità sociale. Se la società fosse messa in liquidazione, con conseguente stop ai cantieri e vendita dei suoi asset, che ne sarebbe delle centinaia di migliaia di appartamenti pagati in anticipo, parte di 800 progetti non ancora completati da Evergrande in 200 città della Cina?
La crisi di Evergrande (come quella di altri grandi gruppi immobiliari cinesi, da Country Garden a Sino Ocean) è nata dall’insostenibilità di un modello di business basato su debiti continui per l’acquisto dei terreni edificabili e margini di profitto ridotti, che si è retto finché la richiesta di nuovi immobili ha continuato a crescere a ritmo ultra-accelerato, grazie alla combinazione di una serie di fattori: la mancanza di alternative di investimento per i risparmiatori cinesi; i massicci risparmi delle famiglie; i salari crescenti; l’urbanizzazione accelerata. Questi ultimi due fattori si stanno progressivamente esaurendo, e le misure restrittive all’acquisto volute da Xi Jinping negli ultimi anni - riassunte nello slogan “gli appartamenti servono per viverci non per speculare” - hanno contribuito a deprimere ulteriormente il mercato.
Uno dopo l’altro i governi locali si stanno muovendo per implementare le misure “correttive” (mutui più facili e meno limiti all’acquisto di appartamenti) varate dal partito comunista l’estate scorsa. Basterà?
Ucraina e accesso al mercato, tra UE e Cina è l’ora di “gestire le divergenze”
«Riconosciamo che il mondo ha bisogno della Cina, ma la Cina deve anche rendersi conto che la mancanza di reciprocità e di condizioni di parità da parte della Cina, insieme a cambiamenti geopolitici più ampi, hanno costretto l’Europa a diventare più assertiva». Così il commissario dell’Unione Europea per il commercio e vicepresidente della Commissione UE, Vladislav Dombrovskis, durante il discorso pronunciato lunedì 25 settembre davanti a un’ottantina di studenti della pechinese Tsinghua. Nell’università presso la quale si è laureato il presidente cinese, Xi Jinping, Dombrovskis ha giustificato con ragioni di “sicurezza nazionale” l’apertura dell’inchiesta anti-dumping ell’UE sull’importazione di auto elettriche cinesi; ha rimproverato al governo cinese il rifiuto di condannare l’invasione russa dell’Ucraina; ha denunciato che una serie di leggi sulla sicurezza e un contesto imprenditoriale più “politicizzato” hanno costretto le aziende europee a lottare per comprendere i propri obblighi e a mettere in discussione il loro futuro in Cina.
Dombrovskis ha avvertito che «molte compagnie europee stanno mettendo in discussione la loro presenza in Cina». Le parole del vice presidente della Commissione, riecheggiano quelle del nuovo presidente della Camera di commercio dell’Unione Europea in Cina, Jens Eskelund, secondo cui «per decenni, le aziende europee hanno prosperato in Cina, ma dopo tre anni “turbolenti”, molti hanno rivalutato le loro ipotesi di base sul mercato cinese». Tra i principali fattori che stanno contribuendo a questo ripensamento - presi in esame dal position paper 2023/2024 della stessa Camera - c’è la nuova legislazione cinese sulla sicurezza nazionale, che «ha aggravato l’incertezza e aumentato i rischi di inadempienza».
Durante la visita di Dombrovskis, la Cina e l’Unione Europea si sono accordate su una serie di misure per gestire le divergenze tra i due blocchi:
la ripresa, nei prossimi mesi, del dialogo macroeconomico e di quello economico e finanziario (fermi al 2016) – e la creazione di un “meccanismo di trasparenza Cina-UE delle catene di approvvigionamento delle materie prime” che si baserà “sull’importanza di catene di fornitura trasparenti e stabili”;
l’istituzione di una serie di nuove piattaforme di comunicazione, tra cui una per lo scambio di informazioni sui controlli delle esportazioni e un gruppo di lavoro sulla regolamentazione finanziaria;
per quanto riguarda il miglioramento dell’accesso al mercato e del commercio, le due parti si sono dette disposte a riavviare le discussioni sulle esportazioni di bevande alcoliche. Mentre la dichiarazione dell’UE include la questione dell’accesso al mercato cinese per le imprese europee sui “dispositivi medici”, quella cinese menziona solo discussioni in settori riguardanti le esportazioni agricole, i cosmetici e il latte artificiale.
Il vice di Ursula von der Leyen ha sostenuto che «ci troviamo a un bivio:
«Possiamo scegliere un percorso verso relazioni reciprocamente vantaggiose. Un’economia basata sul commercio e sugli investimenti aperti ed equi e che lavora fianco a fianco per affrontare le grandi sfide del nostro tempo. Oppure possiamo scegliere un percorso che ci allontani lentamente. Dove i benefici condivisi di cui abbiamo goduto negli ultimi decenni si indeboliscono e svaniscono. E di conseguenza, le nostre persone e le nostre economie si trovano ad affrontare opportunità ridotte».
Lo scenario di una progressiva separazione tra l’occidente e la Cina è stato evocato in maniera netta in The Power and Purpose of American Diplomacy in a New Era, il discorso che il segretario di stato USA, Antony Blinken ha tenuto il 13 settembre a Washington, davanti all’auditorio della Johns Hopkins School of Advanced International Studies (SAIS).
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China’s double-edged debt trap, Toshiro Nishizawa
In Laos, a New Railway Signals a Future in China’s Orbit, Can Yiwen