Il Pacifico dei guerrieri americani
Il segretario alla difesa Usa Hegseth: fermeremo l'aggressione dei comunisti cinesi
Benvenut* in Rassegna Cina.
Buongiorno da Shanghai da Michelangelo Cocco
Dalle voci su un prossimo incontro tra Donald Trump e Xi Jinping, al gelo tra Cina e Stati Uniti. A convincere Pechino che non c’è da fidarsi dell’amministrazione repubblicana sono stati non soltanto i dazi sulle merci importate dalla Cina, che Trump ha aumentato del 20 per cento (e oggi potrebbero esserne annunciati altri, durante il “Liberation Day”), ma anche i primi passi del nuovo governo Usa nel Pacifico.
La settimana scorsa, durante il suo viaggio in Asia, Pete Hegseth ha esposto con questo discorso la visione strategica del Pentagono per quanto riguarda l’Indo-Pacifico. Il succo è che gli Usa intendono mantenere l’egemonia nella regione, le parole di Hegseth sono state a tal proposito molto chiare, e il tono da Guerra fredda:
Ripristinando l’ethos guerriero, le forze statunitensi assegnate all’Indo-Pacifico saranno le forze meglio addestrate e meglio equipaggiate al mondo. […] Lavoreremo con i nostri alleati e partner per fermare i comunisti cinesi e la loro aggressione nell’Indo-Pacifico.[…] La nostra missione è evitare la guerra, ma se sarà necessario, assieme sconfiggeremo e distruggeremo i nostri nemici. […] Nessuno deve mettere in dubbio la determinazione degli Stati Uniti d’America nel difendere i nostri interessi nell’Indo-Pacifico e oltre.

Hegseth ha ribadito l’attualità della strategia reaganiana “Pace attraverso la fermezza” (Peace through strength), che implica il potenziamento degli eserciti e il riarmo, degli Stati Uniti e dei loro alleati in Asia, invocato esplicitamente dal segretario alla difesa.
Il ministro di Trump (che ha partecipato alle guerre in Iraq e Afghanistan) non ha fatto alcun riferimento diretto a Taiwan. Del resto nei contatti delle scorse settimane Pechino aveva sempre ribadito a Washington che quella di Taiwan (ovvero l’inviolabilità del principio “una sola Cina”) rappresenta una linea rossa, da non valicare.
Tuttavia nelle scorse settimane il dipartimento di stato ha cancellato dal suo sito internet la frase «non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan», facendo aumentare a Pechino i sospetti che anche Trump, così come il suo predecessore, Joe Biden, voglia rafforzare il sostegno militare all’isola e all’”indipendentista” Partito progressista democratico (Dpp) al governo.
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Un viaggio straordinario alla scoperta dell'ascesa tecnologica della Cina
Il discorso di Hegseth a Honolulu era stato preceduto dall’iniziativa del presidente di Taiwan, di William Lai Ching-te (leader del Dpp, autodefinitosi un “lavoratore pragmatico per l’indipendenza di Taiwan”), che, il 13 marzo scorso, ha definito la Repubblica popolare cinese una “forza straniera ostile” e ha proposto un pacchetto di 17 provvedimenti, tra i quali la reintroduzione della corte marziale in tempo di pace, per combattere «i tentativi di infiltrazione e di spionaggio della Cina nell’esercito»; un “obbligo di dichiarazione” per i funzionari taiwanesi che intendano visitare la Repubblica popolare cinese; e requisiti più stringenti per ottenere la residenza a Taiwan per chi arriva dalla Cina continentale, Hong Kong e Macao.
Un programma per realizzare il quale servirebbe una maggioranza che probabilmente Lai non otterrà in parlamento. Per Pechino si tratta comunque di un inaccettabile tentativo di separare i “compatrioti di Taiwan” dalla madrepatria.

Pechino ha risposto con una esercitazione militare intorno all’isola alla quale, iniziata martedì 2 aprile, hanno preso parte una ventina di navi da guerra guidate dalla portaerei “Shandong”, bombardieri strategici armati con vettori ipersonici, caccia invisibili, la forza missilistica dell’Esercito popolare (Epl) di liberazione e la guardia costiera (implementando la strategia di fusione civile-militare).
Il portavoce militare, Shi Yi, ha dichiarato che il war game è stato un «severo avvertimento e un forte deterrente per le forze separatiste dell’indipendenza di Taiwan, un’azione legittima e necessaria per difendere la sovranità e salvaguardare l’unità nazionale».
Le continue esercitazioni segnalano che Pechino si sta preparando a uno scenario di guerra nello Stretto: l’Epl ammodernato nell’ultimo decennio possiede ormai i mezzi necessari per un blocco navale o un’invasione di Taiwan.
Tuttavia non è ancora chiaro come Trump - al momento concentrato sui dazi e sull’Ucraina, mentre Gaza è stata abbandonata all’arbitrio di Israele - intenda giocarsi la “carta” Taiwan, se per innervosire la leadership di Pechino o, al contrario, come pedina di scambio nell’ambito di un accordo più ampio (commerciale anzitutto) con la Cina, che non si può ancora escludere.
Wall Street (e la mainland) perde appeal: è boom
di quotazioni a Hong Kong per le compagnie cinesi
Torna la fiducia degli investitori nelle performance delle compagnie cinesi, che nel primo bimestre del 2025 hanno fatto registrare un aumento delle offerte pubbliche iniziali (Ipo), preferendo però quotarsi a Hong Kong piuttosto che negli Stati Uniti o nella Cina continentale.
Al suo debutto a Hong Kong il 3 marzo scorso, Mixue Group, una delle principali catene cinesi di bubble tea e bevande, ha visto le sue azioni salire del 43 per cento a HK$290 (37,30 USD). Mentre, sempre all’inizio del mese scorso, un altro produttore di bevande al tè, Chagee Holdings Ltd., ha ottenuto il via libera per una Ipo negli Stati Uniti.
Sono stati 31 i via libera della China Securities Regulatory Commission (Csrc) alle Ipo di compagnie cinesi nel periodo gennaio-febbraio 2024, contro i 24 sia nel terzo che nel quarto trimestre 2024.
In sostanza la Csrc, dopo gli ultimi anni di stasi, sta incoraggiando nuovamente le aziende cinesi a raccogliere capitali all’estero. E - nel nuovo mondo segnato dalla “rinnovata competizione tra grandi potenze” - Hong Kong sta emergendo come la piazza preferita, per la sua vicinanza alla Cina continentale, la sua stabilità politica e la qualità dei servizi offerti.
Tra i candidati a una quotazione nel Porto profumato c’è anche la numero uno al mondo delle batterie elettriche, CATL, al momento presente sui listini continentali. Secondo i dati del giornale economico Caixin, delle 154 richieste di quotazione prese in esame fino alla metà del mese scorso dalla Csrc soltanto 34 (il 22 per cento) sono dirette verso gli Usa. Non è solo l’effetto Trump: è infatti dalla metà del 2023 (con l’amministrazione Biden) che gli Stati Uniti hanno reso più complessa la quotazione di aziende straniere, diventando meno appetibili anche per quelle cinesi.
Dall’inizio del 2025 almeno 13 compagnie cinesi hanno avviato le pratiche per quotarsi a Hong Kong, tra le quali CATL, Jiangsu Hengrui Pharmaceuticals, Foshan Haitian Flavouring and Food e Sichuan Biokin Pharmaceutical.
Il colosso globale delle batterie elettriche CATL ha depositato la sua domanda di quotazione l’11 febbraio. La sua Ipo - è prevista la raccolta di almeno 5 miliardi di dollari - dovrebbe essere la più grande di Hong Kong degli ultimi quattro anni. La compagnia ha fatto sapere che i proventi saranno utilizzati principalmente per espandere la capacità produttiva all’estero, per lo sviluppo commerciale internazionale e il ripristino del capitale operativo all’estero e per fornire supporto finanziario alla sua strategia di internazionalizzazione a lungo termine.
Anche le compagnie tecnologiche cinesi, spinte dall’effetto DeepSeek, cercano di quotarsi preferendo Hong Kong alle borse della Cina continentale.
L’attuale ciclo di diminuzione delle Ipo nella Mainland va avanti da 18 mesi, e - secondo gli analisti di Citic Securities - ha ridotto la capacità del mercato azionario di servire l’economia reale.
Ad agosto 2023, gli enti di regolamentazione del governo cinese hanno iniziato a rallentare il ritmo delle Ipo e a rendere più difficile per le aziende quotarsi, nell’ambito di una serie di misure varate per invertire il declino del mercato azionario e ripristinare la fiducia degli investitori.
Ma da quando, a settembre 2024, il governo ha messo in campo una serie di politiche di stimolo, tra cui fondi per ricapitalizzare le aziende quotate in difficoltà, l’indice di riferimento CSI 300 è balzato di circa il 20 per cento.
Tutti pazzi per cani e gatti
Gli animali domestici sono entrati in massa nelle case dei cinesi da qualche anno, ma dalla fine della pandemia si assiste a un boom del mercato dei pet, che nel 2024 valeva 300 miliardi di RMB (41 miliardi di dollari, +7,5 per cento rispetto all’anno precedente) secondo i dati di Petdata.
A spingere sempre più su i consumi per l’acquisto di cani e gatti e dei relativi alimenti e servizi sono soprattutto i ventenni e i trentenni che - secondo diversi studi - trovano negli amici a quattro zampe un sostegno emozionale, in un contesto sociale più competitivo dove i rapporti interpersonali vengono percepiti come una “sfida” .
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Asia Pet Alliance Institute, nel 2024 c’erano 187 milioni di cani e gatti domestici in tutto il paese.
La metà dei cinesi che hanno un amico a quattro zampe è composta da giovani tra i 23 e i 33 anni, che spendono per i pet in media 6.000 RMB all’anno (circa 760 euro). In Cina gli animali domestici non sono più semplici bestie da nutrire, ma membri della famiglia, di conseguenza cresce la spesa per i servizi a loro dedicati: residenze, toilette, giocattoli, borse da viaggio, vestiti, psicologi per cani e gatti, servizi funerari.
I dati del database di registrazione delle attività commerciali Qichacha segnalano un’impennata del numero di attività di servizi per animali domestici nell’ultimo decennio. Da sole 8.200 aziende alla fine del 2015, il numero è salito a 259.100 all’inizio del 2025, con le attività commerciali costituite negli ultimi tre anni che rappresentano il 74,47 per cento del totale.
Un settore ancora poco sviluppato è quello degli addestratori: in Cina ce n’è uno ogni 52.500 pet, contro uno su 8.000 in Germania.
Tra gli eventi più importanti del settore si segnala la Pet Fair Beijing (qui il link all’edizione 2026), che quest’anno ha attirato più di 1.500 espositori e 13.000 marchi, in un’area espositiva di circa 120.000 metri quadrati. Le esposizioni coprono quasi tutti gli aspetti di questo settore, dagli alimenti, agli integratori e ai giocattoli per cani e gatti, fino ai servizi completi della catena di fornitura, tra cui la produzione di prodotti, le soluzioni di imballaggio e l’assistenza post-vendita.
«I dati di vendita mostrano che l’aumento dei prezzi dovuto al miglioramento della qualità del cibo per animali domestici non ha raffreddato la spesa dei loro giovani proprietari», ha spiegato all’agenzia Xinhua Jin Guoqing, vicepresidente di JIA Pet Group. È proprio puntando sui giovani consumatori impiegati e professionisti in cerca di compagnia che l’azienda di Jin prevede di sviluppare nuove offerte di cibo per gatti di fascia media, per diversificare le opzioni per le famiglie cinesi con animali domestici.
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