Trump licenzia i falchi anti-Cina
Via gli ultrà dal Consiglio per la sicurezza nazionale: comanda Tariff Man
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in questo numero della newsletter di Rassegna Cina:
Trump azzera il “China team” del Consiglio per la sicurezza nazionale: più potere al dipartimento di stato e al Pentagono
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Buongiorno da Shanghai da Michelangelo Cocco
La politica di Donald Trump sulla Cina è tutta concentrata sul commercio. Il resto (Taiwan e altre aree d’attrito con Pechino), in questa fase, conta poco. E così può accadere - come è successo venerdì scorso - che venga di fatto azzerato il “China team” all’interno del Consiglio per la sicurezza nazionale (Nsc), quest’ultimo dimezzato a circa 150 componenti, dai 350 che aveva raggiunto durante l’amministrazione Biden.
Fatto fuori Mike Waltz, il ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale è stato assunto ad interim dal segretario di stato Marco Rubio. Rubio è il capo dei falchi anti-Cina, eppure, dall’insediamento di Trump il 20 gennaio scorso, della sua retorica pro democrazia a Hong Kong e pro uiguri non si è avvertito neanche l’eco.
Tra i tanti licenziati dal “China team” del Nsc c’è anche Alex Wong, l’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale secondo il quale gli Stati Uniti dovrebbero prepararsi a «un livello di tensione, destabilizzazione regionale (nel Pacifico, contro la Cina, ndr) e, sì, possibile conflitto, quali non vedevamo dalla fine della Seconda guerra mondiale».
Il National Security Council è l’organismo che, per ogni amministrazione, redige la rispettiva strategia per la sicurezza nazionale. Con quella del dicembre 2017 Trump segnò una svolta nella politica estera Usa post-1979 (quando Washington ha riconosciuto la Repubblica popolare cinese), presentando per la prima volta la Cina come una minaccia: la “sfida geopolitica più importante” per gli interessi Usa.
Togliendo potere al Nsc (che tradizionalmente interloquisce con la Casa bianca), Trump ne ha attribuito di più al dipartimento di stato (che Rubio vorrebbe come protagonista assoluto della politica estera) e al Pentagono.
A Pechino c’è chi guarda con una certa preoccupazione alla fine del “China team”. «Se Trump prende decisioni con meno contributi di esperti, è chiaro che le sue politiche rischiano di diventare più radicali, estreme e meno vincolate da norme», ha sostenuto Diao Daming, professore di relazioni internazionali presso l’Università Renmin.
Eppure finora Trump si è concentrato sui dazi, mantenendo un profilo bassissimo su Taiwan, sul Mar cinese meridionale, sul Xinjiang. Come mai?