«Cina superpotenza di consumo»
Il premier Li rassicura la Davos estiva. Gli economisti: ridurre le disuguaglianze
Buongiorno a tutti da Michelangelo Cocco
Ad alcuni potrà risultare un po’ indigesto in questo weekend di fine giugno, ma in Cina il dibattito economico è maledettamente importante e Rassegna Cina vi suggerisce di seguirlo - nonostante la canicola estiva invogli letture più leggere -, perché le politiche che la Cina sta varando in tale ambito avranno conseguenze importanti per il paese e per il mondo intero.
E allora partiamo dal discorso pronunciato mercoledì scorso da Li Qiang al World Economic Forum di Tianjin. Il premier cinese ha assicurato che, dopo essersi trasformata in una potenza industriale, la Cina ora diventerà anche «una potenza di consumo di dimensioni enormi». Secondo Li:
Siamo sulla buona strada per diventare un Paese ad alto reddito, sostenuti da un solido miglioramento dei consumi. La continua espansione e il miglioramento del mercato cinese creeranno spazio per ridare slancio all’economia e al commercio globali. La Cina è il secondo mercato di consumo e di import al mondo, con quasi 50.000 miliardi di yuan (7.000 miliardi di dollari) di consumi e oltre 20.000 miliardi di yuan di importazioni. […] Abbiamo la fiducia e la capacità di mantenere la crescita della Cina a un ritmo relativamente sostenuto. Per anni, la Cina è rimasta un pilastro, rappresentando circa il 30 per cento della crescita globale.
Sono passati solo cinque anni da quando l’ex premier, Li Keqiang, rivelò che in Cina 600 milioni di persone dispongono di un reddito medio pari a 150 dollari al mese, ma il paese sembra entrato in una nuova era geologica. Protezionismo, nazionalismo e guerre hanno cambiato la narrazione e le politiche della leadership, che scommette sui consumi come nuovo motore di crescita (per ridurre la dipendenza dall’export e attirare investitori dall’estero).
L’ottimismo del numero due del partito comunista cinese è corroborato dai dati degli ultimi mesi, con le vendite al dettaglio cresciute del 6,4 per cento su base annua a maggio, dopo che erano salite del 5,1 per cento ad aprile.
Per sostenere i consumi il governo centrale ha finanziato massicciamente la rottamazione di beni durevoli, dalle automobili agli elettrodomestici. Nei primi cinque mesi del 2025, il relativo piano ha favorito acquisti per un valore complessivo di 1.100 miliardi di yuan (153 miliardi di dollari). Il giorno precedente il discorso di Li a Tianjin, la banca centrale ha annunciato prestiti per 500 miliardi di yuan (69,68 miliardi di dollari), a favore di 21 istituti finanziari nazionali e cinque banche commerciali delle maggiori città del paese, per erogare prestiti per il consumo e l’assistenza agli anziani.
«Rafforzeremo gli incentivi con strumenti di politica monetaria strutturale per incoraggiare e guidare gli istituti finanziari a concedere prestiti a diverse tipologie di entità commerciali in settori chiave dei servizi e dei consumi», ha affermato la Banca del popolo cinese nelle linee guida emanate insieme ad altri cinque dipartimenti governativi.
Il documento contiene 19 iniziative che riguardano misure di aiuto finanziario per consumatori e attività commerciali. La banca centrale cinese ha elencato diversi settori chiave che intende sostenere, tra cui commercio al dettaglio, alberghi, ristoranti, sport, intrattenimento e turismo. Si tratta, da un lato, dei settori più colpiti dal rallentamento post-Covid, dall’altro di quelli legati ai nuovi consumi che stanno accompagnando il cambiamento di stile di vita dei cinesi, più attento al soddisfacimento di bisogni accessori ed esperienziali.
Nel bel mezzo del confronto commerciale con gli Stati Uniti, Pechino non soltanto dimostra al mondo e, in particolare, al Sud globale, di saper tenere testa a Washington, rispondendo colpo su colpo all’offensiva protezionistica e all’embargo tecnologico dell’amministrazione Trump, ma manda ai cinesi il messaggio che la popolazione - soprattutto le sue fasce più vulnerabili - sarà protetta, e che ciò contribuirà a risollevare i consumi.
È il trionfo della politica sul populismo. Mentre l’occidente è stregato da Trump e si accapiglia sul suo governo disfunzionale, a Pechino un vecchio partito comunista fa girare la seconda economia del pianeta tenendosi lontano dalle guerre e continuando a puntare su una miscela modulabile di stato e mercato, sulla ricerca scientifica e sull’avanzamento tecnologico. È un mondo meno divertente e scoppiettante da raccontare rispetto allo show trumpiano h24, ma amministrato in maniera decisamente più efficace. In quattro anni di Trump II la Cina potrebbe recuperare 40 anni di sviluppo sugli Stati Uniti.
A dispetto dell’ottimismo ostentato dal governo, nella seconda economia del pianeta serpeggia comunque scetticismo, perché quello dell’aumento significativo dei consumi è un traguardo rincorso da anni, e i sussidi per stimolarli non potranno che essere uno strumento temporaneo. È comunque su questo, su come indurre i cinesi a “consumare, consumare, consumare”, che si confrontano e si dividono gli economisti.
Una premessa: nelle aree più sviluppate della Cina non resta che raschiare il fondo del barile. Nel corso dell’ultima generazione in metropoli come, ad esempio, Shanghai, le classi medio-alte hanno acquistato beni durevoli a sufficienza, e non è che si possa chiedere loro di cambiare automobile ogni tre-quattro anni, o di acquistare televisori e cellulari come fossero bāozi (panini). I consumi hanno più potenzialità di crescita è nelle aree interne del paese, dove vivono centinaia di milioni di persone che aspirano a diventare classe media. Il potenziale c’è, ma…
Lu Ming, direttore dello Shanghai Institute for National Economy presso l’Università Jiao Tong di Shanghai, è venuto allo scoperto, e con lui il giornale economico Caixin, che ha dato ampio spazio alle sue esternazioni pronunciate al Summer Davos Forum di Tianjian. Secondo il giornale, Lu ha detto chiaramente che nel breve termine c’è un solo modo per aumentare il reddito disponibile delle famiglie cinesi: creare più posti di lavoro e accelerare la crescita economica, obiettivo raggiungibile attraverso politiche fiscali e monetarie più proattive. E per incrementare il reddito delle famiglie, il governo (che per il 2025 ha alzato il rapporto deficit/Pil a un inedito 4 per cento) dovrebbe attuare più politiche volte ad alleviare gli oneri sulle spese principali come l’istruzione e l’alloggio.
Secondo Lu Ming:
Il governo si è impegnato ad aumentare la spesa per l’istruzione e per gli alloggi a prezzi accessibili in affitto, soprattutto per i giovani e i lavoratori migranti. Se queste due principali spese delle famiglie potessero essere coperte in misura crescente dai fondi pubblici, si aumenterebbe il reddito effettivo delle famiglie e si libererebbe un maggiore potenziale di consumo.
Insomma in una fase nella quale - a causa della rivalità con gli Stati Uniti e delle tensioni internazionali - l’aumento dei consumi è diventato più importante, per ridurre la dipendenza dalle esportazioni mentre ovunque si fa sentire il protezionismo, le politiche sociali nella Cina “socialista” saranno messe alla prova come mai negli ultimi anni.
Lu ha insistito anche sulla lentezza della riforma dello hùkŏu, il sistema di registrazione della residenza che in molti casi tuttora limita l’accesso ai servizi di base:
La nostra ricerca di dieci anni fa ha dimostrato che una modifica dello stato di registrazione delle famiglie potrebbe comportare un aumento del 16-21 per cento del consumo pro capite. Attualmente, ci sono 270 milioni di lavoratori migranti e oltre 100 milioni di residenti urbani che devono modificare la propria registrazione familiare. L’attuale riforma del sistema di registrazione delle famiglie nelle grandi città è relativamente lenta. La riforma può essere accelerata anche per favorire l’aumento dei consumi.
I progressi registrati nell’intelligenza artificiale, ad esempio, con l’irruzione nel mercato di DeepSeek, le tante startup cinesi all’avanguardia, non bastano a far crescere in maniera sana un’economia grande come quella cinese, che ha accumulato grandi squilibri nel corso di decenni di crescita impetuosa e disordinata.
L’aumento della spesa pubblica (e del deficit) e una parziale redistribuzione della ricchezza sono ingredienti fondamentali per spostare il focus sui consumi interni e sull’obiettivo della “autosufficienza”, in un’era che il partito ha da tempo individuato come contrassegnata da crescente instabilità e conflitti.
Jin Keyu, professore presso la facoltà di economia e gestione dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong, anche lei presente al World Economic Forum di Tianjin, ha affermato che:
Possiamo parlare di supremazia tecnologica, come l’intelligenza artificiale e tutto il resto, ma la Cina non diventerà mai un paese ricco a meno che non diventi un grande paese consumatore. Se i prodotti cinesi sono così competitivi e tutti importano prodotti cinesi, allora la Cina avrà un problema serio, non solo con gli Stati Uniti, ma con il resto del mondo, perché non si tratta più solo di efficienza, ma di armonia. Si tratta di dare ad altri paesi l’opportunità di far parte della catena di approvvigionamento globale in ogni singolo settore.
Jin ha inoltre voluto evidenziale la responsabilità delle autorità locali nel contribuire allo sviluppo del nuovo paradigma:
Sarebbe fantastico se i consumi rientrassero tra i parametri per valutare il successo delle politiche dei governi locali.